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IL PUNK è MORTO E IL SUO CADAVERE VENDUTO

Controcultura Pubblicato il 17 settembre 2025
Il bisogno di rabbia, che contraddistingueva il primo movimento punk, sta cadendo velocemente in una banale euforia per la trasgressione, uno stile, un povero e scarno revival degli anni passati.
Nel momento esatto in cui qualcosa compare sul palco e inizia a dare fastidio allo spettacolo, gli sceneggiatori non esitano un momento nel rendere quel fastidio una comparsa colorata, parte della loro sceneggiatura.
Così è stato fatto in passato con il punk: non ha resistito, non era fatto per essere parte dello spettacolo ed è morto, ma a quanto pare non era abbastanza canonica la sua scomparsa precoce e così si è riesumato il corpo, abbellito con un pó di cipria per renderlo meno cadaverico e mandato in direttissima di nuovo sul palco.

Ma è veramente finita?

Verrebbe da dire di sì, ma si può usare questo revival a proprio vantaggio, facendo riscoprire l’origine di questa subcultura, sperando non in un rifacimento farlocco di qualcosa che è già stato e non può più essere, ma in un movimento giovanile nuovo, concimato da questa realtà moderna, simile a quella che ha scatenato il primo nichilismo punk.

Siamo in procinto di una guerra mondiale, segregati in una gabbia di amianto trasparente che piano piano logora i polmoni, quale momento migliore per svegliarsi da questo incubo e creare dei nuovi spazi attivi e svegli, senza coperte o cuscini a proteggerci dalla realtà?